01/08/09

BATTAGLIA DI FILIPPI





Dopo l'assassinio di Cesare, Bruto e Cassio -coloro i quali avevano organizzato la congiura- avevano lasciato il suolo italico e avevano preso controllo delle province orientali, a partire dalla Grecia e dalla Macedonia fino alla Siria. A Roma i protagonisti della scena politica (Antonio, Ottaviano e Lepido) avevano incontrato in un primo momento l'ostilità del senato nei confronti del loro strapotere. Infine, pero', un accordo fu raggiunto sia fra i tre uomini, che diedero vita al secondo triumvirato, sia fra triumviri e senato stesso. Così, Marco Antonio, Lepido ed Ottaviano -postisi a capo delle legioni fedeli a Roma- poterono volgere il proprio sguardo ad est, dove li aspettava lo scontro con i cesaricidi. Il loro obiettivo non era solo quello di vendicare la morte del dittatore, ma anche di reimpossessarsi delle province orientali.
Si decise di lasciare Lepido in Italia, mentre Ottaviano ed Antonio partirono alla volta della Grecia settentrionale. Traghettate senza problemi le proprie forze (28 legioni) dalla Puglia all'Epiro, i due triumviri mandarono in avanscoperta 8 legioni (guidate da Norbano e da Decidio) lungo la via Egnatia, con il compito di scoprire dove si trovasse l'esercito di Bruto e Cassio. Superata la città di Filippi, Norbano e Decidio decisero di aspettare il nemico e collocarono le proprie forze presso uno stretto passo montano di grande importanza strategica. Antonio li seguiva col grosso dell'esercito, mentre Ottaviano era stato costretto a rimanere a Durazzo a causa delle sue precarie condizioni di salute che lo avrebbero accompagnato per l'intera campagna. La situazione per i triumviri, inizialmente favorevole, peggiorava via via a favore dei nemici, in quanto le comunicazioni con l'Italia andavano sempre più riducendosi a causa della potente flotta, guidata da Gneo Domizio Enobarbo (trisavolo di Nerone e alleato di Bruto e Cassio), che bloccava i rifornimenti dalla penisola.
I Cesaricidi non avevano intenzione di attaccare battaglia. Piuttosto, avevano pianificato di attestarsi su una buona posizione difensiva e sfruttare poi il proprio vantaggio sui mari per tagliare le linee di rifornimento dell'esercito avversario. Essi avevano speso i mesi precedenti a fomentare i cuori dei Greci contro i nemici e avevano a propria disposizione tutte le legioni dislocate nella parte orientale della Repubblica più le leve reclutate in loco. Con le proprie forze numericamente superiori, Bruto e Cassio fecero sloggiare dal passo Norbano e Decidio, che dovettero abbandonare la propria posizione e ripiegare ad ovest di Filippi. Per tanto, Bruto e Cassio avevano un'ottima posizione difensiva, essendosi posti lungo la via Egnatia, a circa 3.5 km ad ovest di Filippi, sui due terreni rialzati che la fiancheggiano. A sud erano difesi da un vasto terreno paludoso, presumibilmente impossibile da attraversare; a nord da alcuni impervi colli. Ebbero tutto il tempo per fortificare i propri castra con bastioni e fossati. Bruto pose il proprio accampamento a nord della via, Cassio a sud. Antonio e Ottaviano arrivarono qualche tempo dopo. Ottaviano collocò il suo campo a nord, in corrispondenza di quello di Bruto, Antonio a sud, in corrispondenza di quello di Cassio.


MARCIA DELLE LEGIONI



Forze in campo
I due triumviri disponevano di diciannove legioni (le altre nove erano state lasciate indietro). Le fonti riportano il nome di una sola di esse (la III legione), ma si può risalire facilmente ad alcune delle altre presenti nello scontro: la VI, la VII, la VIII, la X Equestris, la XII, la XXVI, la XXVIII, la XXIX e la XXX, più, ovviamente, la III. Appiano ci dice che quasi tutte queste legioni avevano il giusto effettivo di uomini. L'esercito di Ottaviano e Antonio poteva contare su una cospicua cavalleria, composta da circa 13.000 cavalieri per Ottaviano e 20.000 per Antonio.
L'armata dei Cesaricidi contava diciassette legioni (otto con Bruto, nove con Cassio; le altre due si trovavano con la flotta). Di queste legioni, solo due erano complete; le altre erano per lo più decimate. Tuttavia, le truppe erano rinforzate da alcune leve dei regni orientali alleati. Appiano riporta un totale di uomini, per Bruto e Cassio, di circa 80.000 fanti romani e di 17.000 cavalieri alleati, di cui 5.000 erano arcieri a cavallo. L'esercito dei Cesaricidi contava anche alcune legioni lasciate in Oriente da parte di Cesare e che erano state fedeli al dittatore (si trattava, si crede, della XXVII, della XXXVI, della XXXVII, della XXXI e della XXXIII legione). Erano, quindi, dei corpi costituiti da veterani. Ma era proprio questo ciò che preoccupava Bruto e Cassio: benché la XXXVI legione avesse militato con Pompeo e fosse stata inglobata fra quelle di Cesare solo dopo la battaglia di Farsalo, le altre erano sicuramente fedeli al vecchio condottiero e, quindi, non ce ne si poteva fidare del tutto. Si ricordi che Ottaviano era stato nominato da Cesare suo erede e che, addirittura, il nome con cui lo chiamarono i suoi contemporanei non fu, appunto, Ottaviano, ma Gaio Giulio Cesare. Cassio tentò di rafforzare la lealtà dei suoi uomini con alcuni infiammati discorsi ("Non dobbiamo permettere che qualcuno dica che egli stesso fu soldato di Cesare; perché noi non siamo stati soldati suoi, ma della nostra nazione"). In più tentò di portare le simpatie dei suoi uomini dalla propria parte versando ad ogni legionario una cifra di circa 1500 denari, di 7000 per ogni centurione.
Benché nessuna delle nostre fonti antiche riporti l'effettivo numero dei due eserciti, gli storici moderni ritengono che essi fossero quasi pari numericamente (con una leggera preponderanza, di qualche migliaio di uomini, delle forze dei triumviri ): dunque, dovevano esservi 100.000 uomini circa per parte.
-------------------------------------------------------------------

Nessun commento:

Posta un commento